Nel suo nome |
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Scritto da Adriano Romualdi |
Giovedì 29 Luglio 2004 01:00 |
Egli è stato un rivoluzionario: un uomo che ha messo in movimento la ruota della storia; che ha aperto strade, demolito pregiudizi, fondato uno stato, costruito città, creato uno stile, suscitato un mito. È stato un Romano in mezzo agli Italiani. È stato il migliore di noi. A Benito Mussolini, nel centoventunesimo anniversario della sua nascita. ![]() Di Mussolini spesso abbiamo pensato molto male. D’accordo, i suoi critici ed i suoi detrattori erano infami, ma c’era qualcosa, nella sua opera e nella sua condotta, che non persuadeva neppure noi. Aveva parlato di guerra per vent’anni e ci pareva avesse evitato di prepararla sul serio, trascurando gli armamenti e circondandosi di generali inetti. Aveva predicato l’idea della nuova gerarchia e si era circondato non di una aristocrazia di uomini ma di un entourage di retori e di adulatori. Aveva proclamato la rivoluzione ma tollerato l’immobilismo borghese e qualunquistico dei salotti e dei circoli ufficiali. Infine, per due volte, al momento decisivo, lui, il duce, il massimo interprete della dottrina della forza e dell’azione, si era rassegnato senza combattere: il 25 luglio, quando era andato dal re senza prendere nessuna misura protettiva, e il 25 aprile, quando aveva lasciato Milano con animo rassegnato alla fine. Ma oggi, al di là di queste ombre, noi sentiamo intera la positività della sua natura e della sua creazione. Egli è stato un rivoluzionario: un uomo che ha messo in movimento la ruota della storia; che ha aperto strade, demolito pregiudizi, fondato uno stato, costruito città, creato uno stile, suscitato un mito. Soprattutto, ha saputo incarnare ed interpretare l’esigenza posta dalla cultura del suo tempo: superare l’ideologia borghese scientista ed egualitaria del XVIII secolo. Il Fascismo, quale egli lo ha realizzato, è la grande breccia aperta d’assalto nel grigio orizzonte della modernità razionalistica ed economicistica. In un’ora di tramonto e di decomposizione, egli ha saputo raccogliere intorno a sé le forze migliori della gioventù italiana per prendere d’assalto lo stato e farne il faro di una nuova fede europea. L’hitlerismo, che ha impegnato l’estrema battaglia dell’Europa contro l’imperialismo russo e americano, è uscito dallo spirito della rivoluzione di Mussolini. Che tutto ciò sia venuto dall’Italia, da questo paese di straccioni e di avvocati, di cattolici e di opportunisti, è quasi incredibile.
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