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Storia&sorte
Un nome famoso, forse troppo. PDF Stampa E-mail
Scritto da V. de Santis   
Giovedì 11 Novembre 2004 01:00

SUHL (Germania), 11 nov – Il generale Mikhail Kalashnikov con in mano il fucile d’assalto a cui ha dato il nome. Oggi compie 85 anni.



AK 47 - KALASHNIKOV

AUTORE: V. de Santis

L'Ak-47 é forse l'arma leggera più famosa del mondo. Questa arma, nelle sue diverse versioni, é stata utilizzata in tutti i conflitti del dopoguerra. In questo articolo verranno brevemente trattate le versioni principali nelle quali l'AK-47 è stato prodotto.

Lo sviluppo
L'esercito sovietico ha da sempre privilegiato la potenza di fuoco. Durante la Seconda Guerra Mondiale le truppe dell'URSS disponevano del PPSH, un mitragliatore di costruzione molto spartana, ma capace di restare efficiente anche con una scarsa manutenzione e, cosa di non poco conto, nel duro clima russo. Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale si cominciò a progettare un sostituto per l'ormai anziano PPSH. I sovietici erano rimasti molto impressionati dalla efficienza dell' MP 44 introdotto dai tedeschi nelle fasi finali del conflitto e ne proposero uno sviluppo. A capo del progetto, al quale sembra parteciparono anche ingegneri tedeschi trasferitisi in Russia, fu posto Michail Kalasnicov, da cui derivò poi il nome dell'arma. Lo sviluppo dell'AK-47 fu piuttosto lento ed i primi esemplari furono consegnati solo nel 1951. La produzione di questa arma avvenne, oltre che in URSS, in quasi tutti i paesi del Patto di Varsavia. Inoltre Cina, Finlandia e Israele ne proposero una loro versione o ne svilupparono il progetto. Dall'AK-47, e dalla sua successiva versione AK-74, fu realizzata anche una mitragliatrice da utilizzare sui mezzi corazzati denominata RPK. Si stima che la produzione totale di AK-47 e derivati sia stata di circa 50 milioni di esemplari. A livello tecnico l'Ak-47 é un fucile d'assalto automatico. L'arma ha la possibilità di poter sparare sia a colpo singolo che a raffica. Il meccanismo di funzionamento é "a sottrazione di gas". In pratica l'otturatore (il caricamento di un nuovo colpo) viene azionato dalla forza di una parte dei gas prodotti nella canna dallo sparo del colpo precedente, ed indirizzati attraverso apposite canalizzazioni.
Nelle due foto si può vedere un AK-47 montato in un veicolo corazzato e il relativo supporto
fonte "avtomat kalashnikov" Allegato Rivista Diana Armi n° 2/1986 - pubblicazione autorizzata da Editoriale Olimpia
Le versioni dell'Ak-47
 
Socialismo reale ... PDF Stampa E-mail
Scritto da Il Manifesto   
Mercoledì 10 Novembre 2004 01:00

... calce viva sulle tradizioni. Un po' alla volta vengono a galla, per il grande pubblico, quello che fu l'Armata Rossa, il Socialismo Reale e la Rivoluzione d'Ottobre. Il problema è: da che pulpito ?

 
Progetto storia orale della XMAS PDF Stampa E-mail
Scritto da Associazione Culturale e di Storia Vivente "ITALIA"   
Mercoledì 10 Novembre 2004 01:00

Prende corpo a Genova un progetto per la conservazione della storia.

Progetto Storia Orale della Decima Flottiglia MAS Da questo autunno l'Associazione culturale e di storia vivente ITALIA www.italialhg.comda vita a un nuovo progetto: raccogliere tutte le testimonianze possibili di Reduci della Decima MAS e della Divisione San Marco, con ogni media: audio, video, o semplice manoscritto, sia steso dal Reduce sia dall'intervistatore.
Le testimonianze raccolte saranno poi archiviate nei formati che più si prestano alla conservazione nel lungo periodo.
Per maggiori informazioni: Associazione Culturale e di Storia Vivente "ITALIA"
Via Onorato 9/18
16144 Genova
Italia Tel. 010 824086
Tel.Cell. 348 6708340
Website www.italialhg.com
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Auguri PDF Stampa E-mail
Scritto da noreporter   
Mercoledì 10 Novembre 2004 01:00

10 novembre 1958 – 10 novembre 2004: Massimo avrebbe oggi quarantasei anni. Auguri di cuore !

10 novembre 1958 – 10 novembre 2004: Massimo avrebbe oggi quarantasei anni. Auguri di cuore !

 
Una piazza all’eroe PDF Stampa E-mail
Scritto da noreporter   
Mercoledì 10 Novembre 2004 01:00

Finalmente una piazza intitolata a ETTORE MUTI eroe nazionale pluridecorato per le sue imprese, assassinato a tradimento per ordine di Badoglio e di “Mezzofeto” in imminenza del tradimento. La protesta nostalgica dell’Anpi non piega la volontà popolare

Nel comune di Fiumicino verrà intitolata una piazza ad ETTORE MUTI, eroe nazionale pluridecorato per le sue imprese. È stato, infatti, approvato un ordine del giorno presentato dal cons. William De Vecchis per ricordare il grande personaggio assassinato a Fregene nel 1943 per ordine di Badoglio e di quel Vittorio Emanuele il cui giusto epiteto (Mezzofeto) fu poi coniato da Ezra Pound. Muti che, dopo l’arresto di Mussolini, era continuato a stare al suo posto per proseguire la guerra, aveva avuto informazioni dal Portogallo sulle trattative che intercorrevano tra gli alleati e il nuovo primo ministro. Aveva pertanto chiesto un colloquio al re perché, troppo puro d’animo era ingenuo (ovvero di buon gene). Fu così assassinato a tradimento da carabinieri che avevano rapporti anche con Togliatti. Una protesta dei nostalgici dell’Anpi (l’associazione dei reduci della partigianeria) non ha inciso sulla decisione presa ieri dalla giunta di Fiumicino. Finalmente verrà riconosciuto il valore ed il coraggio di Ettore Muti, al di là di ipocrisie e falsità: egli fu un grande uomo ed un eroe dei più fulgidi ed ha lasciato un ricordo indelebile nella popolazione locale.

 
Shell we die PDF Stampa E-mail
Scritto da Gabriele Adinolfi   
Martedì 09 Novembre 2004 01:00

È il nono anniversario dell’assassinio legale, in Nigeria, di Ken Saro-Wiwa colpevole di aver dato voce all’etnia Ogoni devastata e annichilita dalla multinazionale del petrolio.

Nove anni orsono, il 10 novembre 1995, veniva impiccato in Nigeria, per il reato di ribellione, Ken Saro-Wiwa, intellettuale e poeta africano che, in quanto intellettuale e poeta, ha avuto il privilegio di non essere completamente caduto nel dimenticatoio come è invece accaduto ai suoi compagni di supplizio.

Contro chi e contro cosa si era ribellato Ken Saro-Wiwa ?

La sua etnia, quella degli Ogoni, una delle 250 che annovera il paese, vive nel Delta del Niger e rappresenta lo 0,5 % della popolazione nazionale. Gli Ogoni hanno sempre vissuto di pesca e di agricoltura su di un territorio di 500 km quadrati. Ma da quando la multinazionale del petrolio Shell si è installata nella regione essi non possono più coltivare né pescare, non hanno più acqua potabile ed hanno uno stato di salute assai precario a causa dell’inquinamento.

La speranza di vita è così crollata alla soglia dei 51 anni, la moralità infantile è del 4%, esiste un medico ogni settantamila abitanti, un solo ospedale per l’intera regione e la disoccupazione è fissata all’85%.

La Shell che ha devastato le loro terre, in compenso ha impiegato soltanto 88 Ogoni. Le uniche strade della regione collegano fra loro le installazioni industriali e la Shell. Non è stata effettuata alcuna canalizzazione e l’elettricità è scarsa.

Gli Ogoni provarono nel 1993 a far sentire le loro ragioni ma la Shell, che possiede di fatto la Nigeria e manovra a totale piacimento il governo fantoccio, armò e trasportò truppe nigeriane, cui diede un bonus salariale, per reprimere il malcontento. Duemila Ogoni furono immediatamente massacrati e una trentina di villaggi vennero rasi al suolo. Poi la repressione che si concluse con l’impiccagione di Ken Saro-Wiwa.

Gli Ogoni oggi continuano ad agonizzare nelle condizioni che abbiamo descritto.

Ecco cosa s’intende per “scontro di civiltà”.

 
L’invitto PDF Stampa E-mail
Scritto da noreporter   
Venerdì 05 Novembre 2004 01:00

Mentre si decide l'epilogo o la straordinaria ripresa, ricordiamo la figura del combattente per la libertà e i suoi trascorsi con tedeschi e francesi, il suo desiderio di morire in Francia e di essere sepolto presso le colonne regalate dal Duce alla Palestina

Lo danno per clinicamente morto, per defunto imminente. Poi smentiscono, poi tornano a darlo per morto.

Intorno a lui una ridda di ipotesi e molte prese di posizione: contro di lui l’arroganza prepotente di chi vorrebbe persino privarlo di sepoltura. Lo temono anche da morto.

Augurandogli lunga vita, vogliamo comunque ricordarne il profilo: quello di un saggio guerriero che ha difeso il suo popolo vittima di un genocidio che procede, inesorabile, in crescita esponenziale, da sei decenni.
Nasce il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, Yasser Arafat. Il suo nome completo è Mohamed Abdel Raouf Arafat al-Qudwa al-Husseini. Abu Ammar è il nome di Battaglia, da Ammar il fedele compagno di Maometto.
La madre muore quando il piccolo Yasser ha quattro anni. Nel 1946 inizia la sua carriera politica frequentando la sede del comitato palestinese aperto dal Gran Muftì di Gerusalemme rientrato l’anno prima da Berlino dove si trovava ospite di Adolf Hitler..
Laureato in ingegneria al Cairo nel 1956, allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dei guastatori dell'esercito egiziano. Come ricorda, rispondendo ad un giornalista, all’uso dell’esplosivo lo hanno addestrato due pionieri tedeschi della Wermacht rifugiatsi in Egitto che avevano messo a disposizione di Nasser le loro conoscenze tecniche.
Dal 1967 inizia la reconquista della Palestina con un gruppo di 12 compagni d’arme (Fedayn) fondando “Al-Fatah” (La Tempesta). Afferma la propria autorità politica sbaragliando sul campo le forze israelite nella battaglia di Al Karamè, sempre nel 1967: dalla cittadina i carri armati israeliti battono in ritirata di fronte alla reazione dei Fedayn. È lui che li comanda in prima linea. In quell'anno il generale De Gaulle dichiara ufficialmente al mondo che i palestinesi hanno diritto ad una patria. Legittimando ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, la loro lotta. Diviene così il simbolo dell'orgoglio e della speranza di vedere la Palestina liberata infine dagli stranieri.
Nel 1968 è eletto presidente dell'Organizzazione di Liberazione della Palestina, nella cui statuto Costitutivo si leggeva nero su bianco il paragrafo dedicato agli stranieri che occupano la Palestina: "rigettare gli israeliti a mare".
Una delle prime conferenze in favore dei palestinesi in Italia viene organizzata a Padova da Giorgio Franco Freda (la sinistra, nel 1968 è ancora filo-sionista, poi cambierà strategia per tornare all'impasse odierna).
Sotto il suo comando, seguono anni in cui i palestinesi fanno pagare caro ogni giorno di colonizzazione della loro terra. Si arresta così l'arrivo di immigrati israeliti da tutte le parti del mondo (per l’esser troppo pavidi,secondo le ripetute accuse rivolte loro da Sharon).
All'inizio degli anni '80 la Tsaal tenta di accerchiare Arafat per annientarlo in Libano dove si trova con migliaia di combattenti. Ne esce vittorioso e parte da Beirut sotto la scorta di paracadutisti francesi.

Nel 1994 sarà insignito del Premio Nobel per la pace
Con la caduta del Muro di Berlino gli Stati Uniti si rivelano come l’unica potenza mondiale e così i palestinesi, p

 
Confessioni di un massone PDF Stampa E-mail
Scritto da normanno.com   
Giovedì 04 Novembre 2004 01:00

Un professore universitario racconta la storia della massoneria che fu ostacolata ferocemente da Mussolini e Hitler, ma non da Castro. Anche Franco riuscì a fermarla; purtroppo il professore sorvola sui tragici scempi compiuti in Spagna dai massoni comunisti. In America la massoneria ha uno sviluppo alla luce del sole. I medio-borghesi sognano di farne parte. In Italia è oggi molto radicata. Tutt'ora, al grido di libertà, fraternità e uguaglianza, uccide popoli e nazioni.

Nel 2005, il Grande Oriente d’Italia (GOI) di Palazzo Giustiniani, la più antica, numerosa ed internazionalmente accreditata organizzazione massonica esistente in Italia, compie duecento anni dalla sua fondazione, avvenuta nella Milano napoleonica del 1805.
La storia della Massoneria, e di quella italiana in particolare, è l’argomento di questa nostra conversazione con il Prof. Santi Fedele, Ordinario di Storia contemporanea nell’Università di Messina, componente del comitato scientifico per le manifestazioni culturali per il bicentenario del Grande Oriente d’Italia e di esso facente parte da un ventennio, come il docente del nostro Ateneo tende a precisare.

D. Prof. Fedele, anzitutto, perché Grande Oriente e perché di Palazzo Giustiniani?

R. Grande Oriente è la denominazione che nella tradizione delle Massonerie latine (Francese, Spagnola, Italiana ecc.) assume l’unione di tutte le logge esistenti in un determinato contesto nazionale, mentre nella tradizione anglosassone (Inghilterra, Scozia, Stati Uniti, Australia ecc.) si usa per indicare la medesima realtà il termine Gran Loggia.
La specificazione di Palazzo Giustiniani deriva dal nome dellostorico edificio (nel centro storico di Roma, a due passi dal Senato) che i massoni scelsero all’inizio del ‘900 come loro sede nazionale. Provvide a toglierlo loro il fascismo giunto al potere con un vero e proprio scippo legalizzato operato nel 1926, allorché l’acquisto venne dichiarato nullo non avendo a suo tempo lo Stato esercitato il diritto di prelazione su un bene di importante interesse artistico; diritto che venne esercitato rifondendo al GOI il prezzo indicato nell’originario atto di compravendita, ormai neppure lontanamente rispondente, in ragione della rapida svalutazione monetaria indotta dalla Prima guerra mondiale, al valore reale dell’immobile.

D. E dopo la caduta del fascismo, come andò a finire?
R. Nonostante un lungo contenzioso giuridico il GOI non riuscì a rientrare in possesso della sua storica sede, nel frattempo diventata dependance del Senato. Ma la nuova attuale sede di Villa Medici del Vascello, al Gianicolo, a qualche centinaio di metri dal monumento a quel Garibaldi che fu Gran Maestro onorario della Massoneria italiana, se non ha la centralità di Palazzo Giustiniani, gode però del fascino di essere legata alle memorie della tenace resistenza opposta nel 1849 dagli eroici difensori della mazziniana Repubblica romana alla forza soverchiante delle truppe francesi venute in soccorso del rovesciato potere temporale del Papa sulla Città Eterna.

D. A proposito di religione, un sacerdote cattolico americano mostrava tutta la sua sorpresa per il fatto che la Massoneria in Italia non gode della stessa considerazione di cui è circondata in America, dove invece è molto ben vista per il suo impegno di carattere sociale. Come mai questo fenomeno?

R. - Gli Stati uniti d'America nascono in un contesto storico-istituzionale, oltre che politico-ideale, profondamente imbevuto delle idealità massoniche. Il dato importante non è solo quello costituito dal fatto che George Washinghton e ThomasJefferson erano massoni o che altri 16 o 17 presidenti degli Stati Uniti d'America lo sono successivamente stati. La questione da tenere presente è che le stesse idee fondanti su cui si basa la costituzione americana, gli ideali di libertà, di uguaglianza, la stessa originale formulazione, tipica della Costituzione americana, del diritto dell'uomo alla felicità, hanno delle radici profondamente massoniche. Nella cultura politica che è
 
La vittoria mutilata PDF Stampa E-mail
Scritto da noreporter   
Giovedì 04 Novembre 2004 01:00

4 novembre 1918, l’Italia vinceva la Prima Guerra Mondiale. L’incapacità della classe dirigente l’avrebbe privata del frutto della vittoria e l’avrebbe sprofondata nella guerra civile. Poi vennero Fiume e la Marcia

Ottantasei anni fa l’armistizio consegnava all’Italia di Vittorio Veneto la vittoria mutilata. Una classe politica incapace si lasciava scippare a Versailles, durante quel trattato insensato e liberticida che avrebbe condotto l’Europa alla seconda guerra civile di lì a vent’anni, il frutto del sacrificio.

Un’Italia umiliata andava allora a subire le violenze e le intemperanze dei socialisti neutralisti e degli emuli della rivoluzione russa ma sapeva rispondere. Con l’impresa di Fiume, con i Fasci di Combattimento, con la Marcia su Roma e con il Ventennio dell’Italia di Vittorio Veneto: quell’Italia che avrebbe saputo far fiorire il sangue delle trincee nelle quali la nazione si era unificata e il vero socialismo, quello del pane raffermo e della morte in agguato, aveva affondato le sue radici, non più classiste ma nazionali.

 
Sta bruciando Budapest PDF Stampa E-mail
Scritto da Adriano Romualdi   
Mercoledì 03 Novembre 2004 01:00

Sessant’anni fa iniziava l’assedio della capitale magiara. Uomini risoluti, degni e coraggiosissimi si apprestavano all’ultima battaglia. Li comandava Ferenc Szalasi, fondatore delle Croci Frecciate

Autunno 1944, l’armata sovietica è alle porte dell’Ungheria, il Maresciallo Horty cerca di imitare Badoglio ma è preso d’anticipo: il 15 ottobre viene catturato da Skorzeny e i Magiari si apprestano alla resistenza estrema. Fenec Szalasi, il capo delle Croci Frecciate diventa capo del governo.

Assumendo il potere, Szalasi aveva indirizzato ad Hitler il seguente messaggio:

“Mi rivolgo a Lei, Eccellenza, nella mia qualità di Capo dello Stato e di Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Ungheria, come alla Suprema Guida nel presente, titanico, scontro delle concezioni del mondo e al Führer designato della nascente comunità europea. Le annuncio che l’Ungheria è ormai schierata totalitariamente e senza alcuna riserva nel fronte ideale costituito dai patti Antikomintern e Tripartito e che l’esercito ungherese si batte deciso e risoluto a fianco del grande alleato germanico”.

Il 4 novembre, nelle fastose sale del Palazzo Reale, gli esponenti del nuovo regime, insieme con numerosi parlamentari e alti ufficiali, ma anche i rappresentanti della nobiltà coi caratteristici costumi, i Diszmagyar e le scimitarre, si erano dati convegno. Davanti ad un Szalasi pallido e commosso era stata condotta la Corona di Santo Stefano – millenario simbolo del reame d’Ungheria – e all’ombra delle alabarde della Guardia della Corona il nuovo Capo dello Stato aveva prestato giuramento. (…) Dal 4 novembre, da quando le armate russo-romene di Malinovskij avevano raggiunto il margine sud-orientale dei suoi sobborghi, Budapest era città di prima linea.

La città verrà difesa palmo per palmo in una battaglia che si protrarrà fino al 24 gennaio 1945.

Szalasi e le Croci Ferrate s’immoleranno nella strenua difesa. Szalasi venne impiccato il 12 marzo 1946 e salì sul patibolo con dignità esemplare (nella foto)

 
Poesia contro Usura PDF Stampa E-mail
Scritto da noreporter   
Lunedì 01 Novembre 2004 01:00

Trentadue anni fa Ezra Pound trapassava in quella Venezia dove aveva pubblicato il suo primo libro di poesie e che aveva scelto per chiudervi la vita di arte e militia.

Nacque a Halley nell’Idaho, il 30 novembre 1885

Morì il 1 novembre 1972 in quella Venezia dove aveva pubblicato a proprie spese il primo libro in versi con il titolo “A lume spento”. Lì decise significativamente di chiudere la sua parentesi terrena.

Grande poeta, uomo di militia e forse il più grande scopritore di talenti del XX secolo, Pound nel 1910 conosce il collezionista e magnate John Quinn, e lo persuade a comprare i quadri di Wyndham Lewis, le sculture di Gaudier-Brzeska (che morirà nel 1915 sul fronte francese), e i manoscritti di Thomas S. Eliot e di James Joyce.

Dal 1911 inizia a collaborare al settimanale londinese «New Age». Successivamente collaborerà alle riviste «Poetry» (di cui diverrà "foreign editor"), «Little Review», «Egoist» dove introdurrà l'opera di Joyce Eliot e Wyndham Lewis, «Dial», «The Exile».

Nel 1913 abbiamo  l'esperienza imagista, il contatto con la cultura cinese, e la traduzione di alcune poesie di Kabir in collaborazione con l'amico Kali Mohan Ghose

A questo incontro si debbono le sue traduzioni di antiche liriche cinesi condotte con gusto imagista, la conoscenza diretta di fondamentali testi confuciani, che Pound tradusse e che lo influenzarono dal punto di vista ideologico- poetico. Da qui soprattutto nasce la concezione globale della sua opera maggiore, i Cantos , concepito come poema ideografico. I Cantos sono una specie di ambiziosissima storia dell'umanità in cui le epoche e le civiltà più diverse e remote si sovrappongono e si intrecciano intorno a un singolare filo conduttore: la convinzione che la radice di ogni male, di ogni decadenza e corruzione, sia annidata nella pratica dell'usura e quindi nell'istituzione quattrocentesca delle banche e dei banchieri.

Nel 1925 si trasferisce a Rapallo dove resta fino al 1945.

Nel 1927 fonda la rivista «Exile», dove uscirà "Sailing of Byzantium" di Yeats.

Pound è venuto in Italia perché convinto che il regime mussoliniano abbia non pochi punti in comune con il sistema sociale da lui sognato, ispirato al "socialismo corporativo" di C.H. Douglas. Pound collabora così a riviste italiane, come «L'indice» di Genova diretto da Gino Saviotti, nel 1930- 1932. Tiene nel 1933 una serie di conferenze su "A Historic Background for Economics" presso l'Università Commerciale Luigi Bosconi di Milano. Incontra Mussolini. Organizza a Rapallo una stagione di concerti con musiche di Corelli, Bach, Debussy, Ravel: suonano tra gli altri Gerhart Münch, Olga Rudge, Luigi Sansoni. 

Nel 1939 va negli Stati Uniti, per la prima volta dopo il 1910: vuole parlare con Roosevelt per evitare il conflitto tra USA e Italia, ma il criminale non lo riceve. Tuttavia lo Hamilton College gli conferisce

 
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